Il combattimento danzato

Una battle (in ‘inglese “battaglia”) consiste in una sfida basata sul freestyle, nella quale i danzatori sfidano altri ballerini creando una sorta di palcoscenico. La lotta avviene assolutamente senza contatto fra gli avversari: è basata sulla esibizione delle proprie capacità artistiche e creative.
Nasce nell’ambito della streetdance, con l’intento di lottare simbolicamente, in una competizione sana e soprattutto non violenta, che sostituisse le lotte fra gang di strada che stavano diventando sempre più sanguinose.

I danzatori ed il pubblico che prendono parte alla battle si dispongono creando un cerchio che inizialmente veniva proprio disegnato sull’asfalto, provando a mostrare a turno le loro abilità migliori, con combinazioni di stili e movimenti sempre più difficili, e prendendo a spunto creativo la performance dell’avversario, magari prendendolo in giro o cercando di ripeterne i gesti eseguendoli meglio, o aggiungendovi ulteriori difficoltà per cercare di guadagnarsene il rispetto e la stima.

Questa consuetudine, nata da una esigenza di sana sopravvivenza nei quartieri periferici delle metropoli americane, si è diffusa anche assolutamente al di fuori del suo contesto d’origine, divenendo una caratteristica artistica della danza hip hop, che possiamo facilmente vedere anche trasposta a livello teatrale.
Anche nelle lezioni di hip hop si tende ad inserire l’elemento battle per stimolare la creatività personale del danzatore e per spingerlo a trovare il suo stile e i suoi gusti caratteristici.

La danza che nasce nelle strade delle metropoli americane

La Streetdance è l’essenza della danza hip hop. Fin dall’inizio, la cultura hip hop si è sviluppata nelle strade delle grandi città degli Stati Uniti, soprattutto New York e Los Angeles, ed in particolare nei multietnici quartieri periferici, in cui le condizioni di vita non erano e non sono facili.

La condivisione degli spazi con persone provenienti da altri paesi e da culture molto eterogenee ha favorito la nascita di gang e gruppi, con scontri continui, a volte anche parecchio sanguinosi, volti al tentativo di stabilire la supremazia di un gruppo su un territorio. A ciò si aggiungono le condizioni sociali difficili, e l’alto tasso di disoccupazione che portano con sé facilmente microcriminalità, mercato di sostanze stupefacenti, prostituzione… quando le persone vivono in uno spazio ristretto e sentono di non avere nulla da perdere, le condizioni di vita si fanno molto dure.

La streetdance ha portato a questa situazione un sano elemento di svolta, sostituendo l’abitudine di danzare a quella di combattere. I giovani delle varie gang cominciarono a disegnare un cerchio sulla strada, all’interno del quale si svolgevano i combattimenti, vere e proprie sfide a suon di musica e a passo di danza: il vincitore è chi si esprime meglio, con maggiore creatività, con fantasia e capacità tecniche, imponendo la propria personalità artistica come punto di forza.

Questo fenomeno ha dato il via ad una grande evoluzione di stili di danza, nati proprio sulle strade, da quella stessa fusione multiculturale che aveva generato le rivalità, all’insegna di una libertà espressiva praticamente illimitata.

Gli stili che si sono evoluti grazie alla streetdance sono innumerevoli, e prendono spunto da qualsiasi evento della vita quotidiana o da forme di danza e movimento, moltiplicando esponenzialmente le possibilità creative della danza. Forse più che stili li si potrebbe definire tecniche, poiché quasi nessun danzatore utilizza un linguaggio stilistico univoco, e tutti fanno riferimento a svariate tecniche per arricchire il proprio vocabolario artistico.

Da molti anni ormai della streetdance esiste più che altro la versione artistica teatrale, e il suo apprendimento si svolge più che altro all’interno delle scuole di danza, nelle quali il confronto fra i danzatori non è più una battaglia per la supremazia del territorio, ma quella per vincere un contest o per passare il casting per uno spettacolo.

Il combattimento con i gesti delle mani

Originariamente l’Uprock si chiamava Rocking o anche semplicemente Rock. Si chiama così poiché prende ispirazione dal gioco “Rock-paper-scissors” (che noi chiamiamo Morra Cinese, la sfida in cui due avversari si fronteggiano con gesti delle mani che simulano un sasso, la carta e la forbice).

Nasce alla fine degli anni ’60 a New York, forse nel Bronx o forse a Brooklyn, a partire dalla cultura delle gang, come forma di battle. Già negli anni ’70 non veniva più considerata una danza tipica delle gang, acquisendo un maggior valore artistico, e si diffuse tanto da diventare di uso comune in tutte le feste di caseggiato, delle scuole, alle riunioni dei ragazzi, ed era un punto fermo dei martedì e giovedì sera al St. Mary’s Recreation Center nel South Bronx, fino a quando, nel 1974, Rubberband, un famosissimo danzatoreallora soltanto ventunenne, fu pugnalato a morte durante un litigio da un ragazzo di soli 14 anni. Da allora le battles sl St. Mary’s vennero bandite.

Il primo danzatore a diventarne esperto era Apache, incredibilmente abile nell’uso dei burns.

Si tratta di uno stile di streetdance molto espressivo e rivolto alla competizione, che si danza a ritmo di musica soul, rock e funky. Quando nacque, veniva danzata su brani specifici, come “It’s Just Begun” del jazzista Jimmy Castor, e coinvolgeva una coppia di uomini che si fronteggiavano e cercavano di sminuire l’avversario con movimenti delle mani chiamati Burns (bruciature), che richiamassero gesti quotidiani o simbolici di disprezzo o di presa in giro (ad esempio simulare di dare uno schiaffo o un pugno), intervallati a passi strisciati, giri e improvvisi Drops (Sgocciolamenti), che consistono in movimenti di accovacciamento con rimbalzo in piedi, a piedi paralleli o incrociati (in questo caso si chiamano Jerks, “strattoni”).