Una danza e una cultura con enormi potenzialità espressive
Parlare di Hip hop significa fare riferimento prima di tutto alla Street Dance ed al genere musicale omonimo, e in generale a tutta la cultura che vi si riferisce, e che comprende una visione organica della vita e della società, che va dalle arti visive al design, alla moda, alla musica appunto al movimento, ed in generale ad un modo di vivere e di pensare.
Hip hop è uno stile di vita, che si riferisce ai giovani delle società multietniche delle metropoli, è un modo di vestirsi che annulla la forma ed elimina la differenza tra uomo e donna: le persone si distinguono per le loro capacità di cantare o di muoversi in modo personale, non per le forme.
La danza e la musica Hip Hop nascono da ritmi africani e sudamericani, persino dai movimenti delle arti marziali e dalle influenze reciproche fra sonorità e dinamiche di tutte le etnie che si sono mescolate negli Stati Uniti nel corso del ‘900.
Seguire corsi di Hip Hop a Milano dà grande libertà di movimento: si impara a sentirsi se stessi, con il proprio stile unico e la propria energia. La nostra società ci sottopone quotidianamente a stress e formalità; la cultura Hip hop insegna a non aderire a canoni estetici preconfezionati, e a ricercare modalità personali, sia nel vestire che nel danzare che nel suonare, alla ricerca di ciò che contraddistingue al meglio la propria unicità. Forme, stili e tecniche sono gli strumenti per esprimerla: ne sono i mezzi, non il fine.
In una lezione si studiano le tecniche appartenenti ai diversi stili che lo compongono, dal locking al popping all’air posing al roboting e molto altro ancora, che si possono combinare molto creativamente fra di loro per dar voce alla personalità individuale.
Le origini di questa forma di danza
Nasce nella cornice culturale del movimento Hip Hop da un mix di ritmi africani, sudamericani e prettamente statunitensi prodotto grazie alle influenze reciproche fra sonorità e dinamiche di tutte le etnie che si sono mescolate in America nel corso del ‘900, soprattutto nelle grandi città. Le sue origini si possono individuare nella New York anni ’70, con la Street Dance dei breakers nei ghetti, e a Los Angeles con la nascita delle danze improvvisate all’interno di cerchi disegnati per terra, che servivano a mostrare le proprie abilità personali e ad ottenere il rispetto dei membri di una comunità, sostituendo in maniera artistica i combattimenti corpo a corpo fra i vari gruppi.
Essendo nato dall’improvvisazione, si basa sul “free style”, che consiste nel ballare liberamente improvvisando e quindi il movimento risente di moltissime influenze, dalla danza moderna alle acrobazie, alle arti marziali, alle danze africane, al teatro, senza limiti.
Grazie a questa sua peculiarità si è diffuso ovunque, e ha a sua volta influenzato parecchi stili di movimento e di musica: si può dire che ovunque nel mondo ci siano forme di musica e danza che vi si ispirano in maniera più o meno diretta, dal Reggaeton, alla Dancehall, all’ Afro Beat, a diverse forme di Tribal Fusion, alla Danza Moderna e contemporanea l’elenco è lunghissimo.
Le basi costruttive
I produttori del genere hip hop compongono le basi per i rapper con una metodologia particolare, praticando cioè un lavoro di taglio e cucito, montando assieme e facendo coesistere, alternando e sovrapponendo pezzi di brani tratti dal soul, dal jazz, dal rock e spesso anche dalla musica lirica. Tutto ciò ha contribuito a sconvolgere l’identità del pop mondiale.
Una delle particolari innovazioni dell’hip hop è il nascere di una sorta di musica fatta in casa, e con l’avvento di house e techno, il funky e la disco music praticati da professionisti, vengono un po’ soppiantati.
Né si potrebbe spiegare la nascita delle scene trip hop e drum’n’bass, che dall’Inghilterra stanno conquistando il pianeta, senza il lungo apprendistato che i maggiori esponenti di questi fenomeni hanno consumato nelle file di turntablism, rap, B-boyng e aerosol art.
I bassi costi delle apparecchiature per fare musica fanno si’ che molte case si trasformino in una sorta di piccole fonti di produzione sonora e musicale.
Sul finire degli anni ’60, le scritte di protesta sui muri si evolvono in firme personalizzate ed in seguito in opere d’arte, i parchi cominciano ad essere dei ritrovi dove i dj adottano nuove tecniche nell’uso dei mixer e dei giradischi, in maniera tale da permettere ai ballerini di trasformare i movimenti del boogie in nuove acrobazie ed ai MC, maestri di cerimonia, di rivolgere i propri inviti tramite il microfono.
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