Locking

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I caratteristici movimenti idraulici e robotici

Il nome di questa tecnica deriva da un danzatore, Don Campbell, che divenne famoso tra i ballerini di strada di colore di Los Angeles per aver inventato un modo di muoversi chiamato in suo onore Campbellock. Questo accadeva alla fine degli anni ’60.

Subito dopo, nasce un gruppo di danzatori specializzati in questo stile, sotto la guida del suo creatore, “The Lockers”. La coreografa televisiva Toni Basil, all’epoca molto famosa, non appena vide il lavoro di Don Campbell e dei suoi danzatori si rese conto che avevano grande talento e grandi potenzialità. Apprese lei stessa la loro tecnica, ed entrò a far parte della compagnia, contribuendo ad inserire nella danza elementi teatrali e condusse il gruppo ad esibirsi in parecchi show televisivi. La crew avrà un enorme successo, grazie a questa pubblicità mediatica, oltre che alle capacità artistiche dei suoi membri.

Il nome, che significa “bloccaggio”, è basato sulla ricerca di movimenti robotici e “idraulici” cioè che diano l’impressione che il corpo del danzatore sia pieno di pistoni che ammortizzano ogni movenza. La tecnica richiede un controllo del corpo molto avanzato, e presenta spesso un grande livello di difficoltà (spesso richiede ai danzatori di indossare ad esempio ginocchiere di protezione).

Don miscelò questa ricerca di precisione con movimenti selvaggi, improvvisi, passando senza preavviso da una modalità all’altra. Questa mescolanza di dinamiche non omogenee crea un forte effetto sorpresa, completato anche da una mimica del viso marcata e dall’uso di abiti clowneschi: i lockers (così vengono chiamati i ballerini che praticano questo stile, su modello della prima crew) nei primi anni ‘70 indossavano pantaloni tipo bermuda, che scoprono il polpaccio, con bretelle, scarpe con una suola alta, calze a righe dai colori vivacissimi, sgargianti camicie lucide coloratissime, collane e cravatte vistose, cappelli esagerati e guanti bianchi.

Si dice che gli abiti da clown e la mimica esagerata servissero originariamente per prendere in giro l’avversario durante le competizioni, ma divennero ben presto elementi espressivi astratti.

 

 

 

 

 

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